La lega ha 49 milioni di buoni motivi per frodare lo stato.
La magistratura è, ancora, alla ricerca del tesoro perduto (forse per sempre).
Nell’inchiesta hanno preso parte i maggiori esponenti del partito verde, tra i tanti, Bossi e Salvini.
Tutto inizia nel lontano 2012, quando una strana organizzazione e presentazione del libro giornale della lega, viene comunicata al parlamento. La magistratura genovese inizia ad indagare, ed emergono diversi milioni entrati, si suppone, illegalmente nelle casse leghiste.
Belsito, che al momento dei fatti era tesoriere della lega, viene indagato per gestione fraudolenta per rimborsi elettorali, frutto del rendiconto irregolare presentato in parlamento. I soldi in questione, per pulire le casse, venivano investiti all’estero, spesso in attività a scopo lucrativo (compravendita di diamanti), come riporta skytg 24.
Nel 2017, Bossi, all’epoca segretario e leader della Lega, e Belsito, tesoriere, vengono condannati a scontare una pena del totale di 7 anni. La Lega si vede costretta a risarcire 49 milioni di euro per denaro pubblico illecitamente utilizzato, ma nei conti correnti verdi sono stati trovati solo 2 milioni.
Nel corso dei mesi, i pm genovesi, hanno fatto più volte appello alla cassazione, vedendosi respingere il ricorso in cassazione per l’aumento della pena e la restituzione del denaro. A Genova è partita un’inchiesta per riciclaggio, con lo scopo di trovare, una volta per tutte, i fondi rubati ai contribuenti.
L’inchiesta va avanti in tutta la regione Lombardia e va oltre i confini nazionali.
Un ex leghista, pentito e deluso, Marco Tizzoni, diventa fondamentale, fornendo informazioni chiave alla vicenda. Come lui stesso ha riferito ai pm, la Lega ha riciclato denaro per metterlo al riparo, spesso, girandolo in banche straniere, tra cui in Lussemburgo, passando per la Sparkasse di Bolzano. Soldi, poi, fatti rientrare in Italia. Nel 2018, Bossi e Belsito, vengono lasciati in libertà, poiché i loro processi vanno in prescrizione, ma rimane la confisca dei 49 milioni, che la Lega è obbligata a restituire in comode rate, diluite su 80 anni.
Nella inchiesta infinita, entrano in scena vicende extra-politiche e anti-sociali. Spiccano i nomi di Maroni, ex segretario di Lega, e Galli, assessore della regione Lombardia, indagato per riciclaggio di denaro dell’associazione “Maroni presidente”, il quale, Maroni, si dichiara fuori da ogni ruolo gestionale e operativo.
I leader leghisti, però, non imparano la lezione e dimenticano facilmente. Infatti, un’altra ONLUS gestita dai contabili leghisti è indagata. L’associazione “Più Voci”, è nata come associazione non-profit, quindi, non a scopo lucrativo, ma ha destato sospetto la mancanza di attività popolare, pubblica o sociale, fatto saltato all’occhio dei magistrati quando, Parnasi, indagato dalla procura della capitale per aver corrotto e pagato politici per interessi personali, ha finanziato l’associazione.
Dopo l’indagine fatta tra la procura di Roma e quella di Genova, risalgono incontri anche tra Salvini, Parnasi e Manzoni, commercialista della Lega. Negli incontri, si dice a chiare lettere che, gli accordi tra i finanziatori e le diverse associazioni e attività, servono al mantenimento illecito del partito, che, altrimenti, si vedrebbe confiscare ogni tipo di entrata in denaro, rischiando il fallimento dello stesso.
Le indagini sono ferme a DICEMBRE 2019, è tutto rimandato a fine emergenza covid-19, con la speranza che la giustizia faccia il suo giusto corso.
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